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Questa specie tropicale è molto vicina al famoso B. caapi e viene usata con le stesse applicazioni in Sud America.

Ha un legname molto duro e fibroso che si presta bene alla produzione di amuleti e tamburi rituali.

LA LIANA ESSICCATA NON E’ ADATTA AL CONSUMO UMANO NON VA CONSUMATA IN NESSUN MODO, PUO ESSERE USATA PER LA PRODUZIONE DI MONILI TRIBALI O PER L’ESPOSIZIONE ETNOBOTANICA.

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parte Foglia Liana
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Confronta
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Descrizione

Le proprietà MAO-inibitorie [7], sedative [10], allucinogene [10], serotoninergiche [11], nootropiche [13], antipsicotiche [15], GABAergiche [16], convulsivanti [17], analgesiche [19], ansiolitiche [21], cannabinoidi [22], dopaminergiche [25], amnesiche [28], antiadditive [29], antidepressive [32], glutammatergiche [32], neuroprotettive [33], antidepressive [34], anticolinesterasiche [36], colinergiche [37], antitumorali [38], nefroprotettive [44], ipoglichemiche [47], vasorilassante [49], antiossidanti [49], antiaterosclerotiche [50], cardioprotettivo [51], antinfiammatorio [52], immunomodulanti [53], osteotrofiche [54], epatoprotettive [56], antivirali [59], antibatteriche [60], antimicotiche [52], antiparassitarie [70] della Banisteriopsis muricata e dei suoi fitocostituenti sono supportate dalla ricerca scientifica.

Veniva impiegata da alcune tribù in Sud America con le stesse applicazioni della B. caapi, la famosa liana ayahuasca.

L’intossicazione che pare indurre questa specie è estremamente simile a quella indotta da un’altra Malpighiacea amazzonica, la famosa ed ormai illegale Banisteriopsis caapi. Da esperimenti non ufficiali è emerso lo stesso identico fitocomplesso.

Alcuni degli individui della specie Banisteriopsis muricata hanno perso le ghiangole elaiofore che producono l’olio ricercato dalle api locali. Tuttavia quest’ultime non riescono a distinguirli e finiscono per impollinarli, garantendosi un vantaggio competitivo rispetto agli esemplari normali. L’Epicharis affinis e schrottkyi, note specie da olio, recuperano il polline mediante la vibrazione: l’arrangiamento di stami e pistilli al centro del fiore favorisce il contatto con gli impollinatori [1].

E’ molto difficile da distinguere dal caapi: il colore della liana interna fresca è più rossiccio e scuro ma con l’essiccazione tende a schiarirsi, la corteccia esterna più scura e leggermente più dura e spessa,  le sezioni trasversali presentano rosette più circolari e meno schiacciate, il legname sembra poroso del caapi ma meno dell’Alicia.

Descrizione
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Malpighiales
Famiglia: Malpighiaceae
Genere: Banisteriopsis
Specie: B. muricata
Nativo: Messico e Sud America
Plant Hardiness Zone: 10-12
L’ayahuasca rossa (Banisteriopsis muricata) è una liana gigante che cresce fino a 30m di lunghezza arrampicandosi sulla vegetazione circostante. Fiorisce infrequentemente, in genere a Gennaio sfoggiando una fioritura di colore misto bianco e rosa.

Coltivazione
L’ayahuasca rossa è una pianta tropicale molto difficile da coltivare:
-Mettere i semi a mollo in acqua a temperatura ambiente fino a 24h.
-Seppellirli superficialmente in un terreno ben drenante e ricco
-Mantenere umido il terriccio fino alla germinazione
-Richiede 3-4 settimane per la germinazione
-E’ una pianta tropicale che necessita di alti livelli di umidità e calore tutto l’anno, non è possibile coltivarla outdoor in italia

Si è speculato che i Maya avessero impiegato una speciale bevanda rituale preparata con una specie di Banisteriopsis che cresceva nella regione mesoamericana. E’ possibile che questa fosse la muricata, che dovrebbe contenere betacarboline nella liana e triptamine nelle foglie, ma non ci sono dati archeologici o etnografici a supporto [2].

I Waorani dell’Ecuador utilizzano da sempre non il caapi ma la muricata che viene raccolta selvatica dai banchi dei fiumi, non hanno utilizzato admixture come la Psychotria fino al contatto recente con i coloni Quechua. Anche per questo si ipotizza che il fogliame delle stessa pianta contenga concentrazioni apprezzabili di DMT [3].
Diversamente dall’esperienza col caapi, che è quasi sempre un evento sociale, il consumo della bevanda a base di muricata viene fatto in solitaria presso questa tribù. Lo sciamano, ido, prepara l’ayahuasca nascosto nella foresta o in una casa isoltata con una cerimonia notturna accompagnato dalla sola moglie. Questo perchè I Waorani consideano l’uso di allucinogeni un atto antisociale ed aggressivo finalizzato a lanciare una maledizione evocando degli spiriti malvagi, wenae.
Permette di curare i malori solo se preparata da chi li ha inferti: l’aggressore, assumendo la bevanda, può ordinare agli spiriti di lasciare andare la vittima. Per questo il successo nella cura è una sorta di ammissione di colpa, in caso di insuccesso, o alle volte anche quando efficace, il colpevole viene ucciso.
Gli anziani soffiano un pezzetto di liana di Banisteriopsis muricata nelle vie aeree dei giovani con una ciarbottana d’ossa d’uccello per rinforzare loro i polmoni e renderli dei grandi cacciatori [4].
Il maestro cacciatore somministra un decotto leggero a base di fogliame passandolo dalla sua bocca a quella dell’altro attraverso l’osso esofageo di un tucano. A ciò segue una dieta severa di due anni che nel primo mese consiste nell’ingerire soltanto la polpa della palma Jessenia bataua recuperata dallo stomaco dei tucani e delle scimmia del posto. Quindi l’adepto diventa lui stesso un maestro cacciatore con l’abilità di localizzare e chiamare gli animali con estrema precisione.
Alcuni dei nativi sono soliti bollire le foglie della liana con quelle della Mansoa alliacea ed utilizzare l’estratto localmente sul taglio del cordone ombelicale di un nuovo nascituro [5].

I Witoto in Perù la chiamano sacha ayahuasca, ayahuasca selvatica, e la considerano intercambiabile col caapi ma meno potente [6].

MAO-INIBITORE
Armalina ed armina sono potenti inibitori dell’enzima MAO-A (IC50 2.5 e 2.0 nM; 25 e 20 μM, rispettivamente) [7]. La tetraidroarmina (THH) è estremamente debole come azione inibitoria e si ipotizza che non contribuisca significativamente in questo caso [8].
In più l’armina inibisce gli enzimi del citocromo epatico CYP3A4 potenziando ulteriormente l’assorbimento di molte sostanze [9].

SEDATIVO, ALLUCINOGENO, SEROTONINERGICO, NOOTROPICO
Diversamente da LSD e mescalina, l’armina produce sedazione e sonnolenza oltre ad alterare le percezioni. Lo stato che induce è caratteristico dell’allucinazione ipnagogica, sembra avere lo stesso potenziale degli allucinogeni classici a dosaggi relativamente più alti [10].
L’armalina si lega al recettore 5-HT2A della serotonina con un affinità di 30 volte superiore a quella dell’armina (Ki=230 nM), un valore nel range degli psichedelici classici [11].
La somministrazione per via intraperitoneale combinata ad una dose subtreshold di ACPA (un antagonista cannabinoide) ha ridotto l’attività locomotoria dei topi [12].

L’antagonismo sul recettore 5-HT3 della serotonina potrebbe determinare le proprietà nootropiche riportate nella letteratura [13].

RITMO CIRCADIANO
L’armina ha esteso la durata del periodo circadiano in maniera dose-dipendente potenziando la funzione del recettore orfano correlati a RAR α (RORα) [14].

ANTIPSICOTICO
L’armina è stato uno dei primi agenti farmacologici in grado di migliorare i sintomi della schizofrenia catatonica e la qualità del paziente in maniera significativa, uno studio Rumeno poco noto aveva riportato ottimi risultati già nel 1930 ma era stato abbandonato a causa del costo proibitivo del composto in quel periodo [15].

GABAERGICO, CONVULSIVANTE, ANALGESICO, ANSIOLITICO, CANNABINOIDE
L’armina agisce come un agonista inverso per i recettori benzodiazepinici [16], per via intravenosa l’armina ha provocato convulsioni nelle cavie con un ED50 di 19.5 mg/kg [17].
La somministrazione ha spinto le cavie a saltare attraverso la modulazione del sistema GABAergico e l’interazione col recettore delle benzodiazepine [18], in altre ricerche ha inibito il dolore da acido acetico [19], formalina e piastra calda [20] con lo stesso meccanismo.
Ha potenziato la trasmissione GABAergica inibitoria riducendo notevolmente l’eccitabilità intrinseca dei neuroni piramidali dell’amigdala basale [21].

La somministrazione di armalina per via intraperitoneale ha indotto un effetto ansiolitico nei topi alla dose di 20mg/kg, dosaggi più bassi sono risultati ansiogenici [12]. In un altra ricerca ha ridotto il dolore delle cavie agendo sul recettore CB1 dei cannabinoidi [22].

DOPAMINERGICO, AMNESICO
Armina ed armalina facilitano la trasmissione dopaminergica centrale in maniera drammatica, somministrate in combinazione con la levadopa o l’apomorfina hanno prodotto una risposta caratterizzata da salti violenti nei ratti.
Si pensava che l’interazione con il sistema dopaminergico fosse dovuta all’agonismo inverso per il recettore delle benzodiazepine [23], studi più recenti hanno suggerito invece il ruolo importante dell’inibizione del MAO-A [24].
Le ultime evidenze puntano al recettore 5HT2A che ha mediato l’aumento dell’afflusso di dopamina nel nucleus accumbens indotto dall’armina, un meccanismo in grado di spiegare i benefici riportati dai cocainomani con l’ayahuasca [25].
Da esperimenti in-silico si è visto che armina ed armalina hanno un affinità superiore per i recettori D2 e D3 dopaminegici ed un ottimo profilo farmacinetico e tossicologico, potrebbero avere potenziali applicazioni nel trattamento della malattia di Parkinson [26]. Stimolano il rilascio di dopamina, l’armalina è più potente (200 μM contro 6 μM) [27].
L’amnesia indotta dall’armalina agli alti dosaggi sembra coinvolgere i recettori D1 e D2 della dopamina nell’amigdala intra-basolaterale [28].

ANTIADDITIVO
L’armina per via intraperitoneale ha attenuato significativamente i sintomi d’astinenza da morfina indotti sperimentalmente nei ratti superando in efficacia l’armano, un altra betacarbolina [29]. Si ipotizza che l’azione sia mediata dal recettore 2 dell’imidazolina e non da quelli oppioidi [30].
Sono stati riscontrati risultati positivi anche nel controllo degli effetti comportamentali indotti dagli psicostimolanti. E’ particolarmente efficace contro la cocaina, meno con le anfetamine e ancor meno con la nicotina [31].

ANTIDEPRESSIVO, GLUTAMMATERGICO, NEUROPROTETTIVO, ANTICOLINESTERASICO, COLINERGICO
L’armina ha protetto i topi nest dai sintomi depressivi indotti stress cronico imprevedibile prevenendo i danni a carico della neurogenesi ippocampale e il conseguente abbassamento nei livelli di fattore neurotrofico cerebrale. Inoltre ha ripristinato i marker degli astrociti sovraregolando l’espressione del trasportatore astrogliale del glutammato (GLT1) [32]. Mediante lo stesso meccanismo ha mostrato effetti neuroprotettivi nel modello animale dell’ischemia cerebrale [33].
La somministrazione di armalina per via intraperitoneale ha indotto un effetto antidepressivo nei topi alla dose di 5 mg/kg [12].
Il THH è un blando inibitore della ricaptazione della serotonina [34], inoltre si ipotizza sia il responsabile della sovraregolazione dei recettori serotoninergici notata nei consumatori cronici di ayahuasca [35].

Armina ed armalina potenziano la funzione colinergica attraverso l’inibizione dell’acetilcolinesterasi e l’induzione della colina aciltransferasi. Il consumo a lungo termine ha attenuato i deficit nella memoria nel modello animale da scopolamina, potrebbe avere potenziali applicazioni nel trattamento di Alzheimer e disturbi neurodegenerativi [36].
L’armalina (10 mg/kg i.p. 45 min) ha incrementato i livelli di acetilcolina nello striato del ratto senza alterare quelli di corteccia parietale, ippocampo o nuclei limbici, il decremento potrebbe riflettere un ridotto utilizzo del neurotrasmettitore [37].

ANTITUMORALE
L’armina ha inibito la crescita del cancro alla tiroide nei topi in maniera dose-dipendente [38]. E’ un potente agente apoptotico ed autofagico per le cellule del cancro gastrico [39], ha mostrato buone potenzialità anche nei confronti del carcinoma pancreatico specie in combinazione con la gemcitabina [40].
L’armalina ha indotto l’apoptosi del carcinoma polmonare a cellule piccole inibendo la sfingosina chinasi 1 (SphK1) [41]. Buoni risultati sono stati ottenuti anche sulle cellule del carcinoma a cellule squamose [42], cancro cervicale [43].

NEFROPROTETTIVO
L’armina ha protetto il fegato dei topi dalla tossicità da mercurio attraverso la riduzione dei livelli di ossido nitrico (NO) e l’apoptosi delle cellule epatiche [44].
In un altra ricerca ha ridotto la nefrotossicità da nicotina [45].

IPOGLICEMICO
L’armina inibisce la chinasi DYRK1A promuovendo la replicazione delle cellule beta deputate alla secrezione di insulina ed amilina negli umani [46]. E’ un regolatore cellulo-specifico dell’espressione del recettore PPARγ, diversamente dai comuni ligandi, ha migliorato la sensibilità insulinica senza provocare aumento di peso o accomuli adiposi nel fegato [47].
E’ stato suggerito che l’aumento della richiesta metabolica di alcune regioni cerebrali indotta dalle betacarboline le renda altamente vulnerabili alla carenza di glucosio, per questo uno zucchero come il fluorodeossiglucosio (2DG) ha migliorato la severità dei sintomi tremorgenici, i marker elettromiografici e la locomozione spontanea delle cavie trattate con alte dosi di armalina [48].

ADRENERGICO, VASORILASSANTE, ANTIOSSIDANTE, ANTIATEROSCLEROTICO, CARDIOPROTETTIVO
Armina ed armalina rilassano la muscolatura vascolare inibendo le fosfodiesterasi (PDE) e potenziando la trasmissione prostaciclinica, in più sono antagonisti competitivi dell’adrenocettore-α¹. L’armalina è anche un modulatore del rilascio di ossido nitrico (NO) ed un inibitore dei canali del calcio (VOC), si ipotizza che le proprietà antiossidanti contribuiscono agli effetti vasorilassanti [49]. In un altra ricerca hanno ridotto l’aterogenesi inibendo l’aggregazione della porzione LDL [50].

Il primo alcaloide ha protetto le cavie dalla tossicità della doxorubicina inattivando la chinasi DYRK1A [51].

ANTINFIAMMATORIO, IMMUNOMODULANTE, OSTEOTROFICO
L’armina è dotata di proprietà antinfimmatorie dovute principalmente all’inibizione del complesso NF-κB [52].
Ha manifestato proprietà immumodulanti attribuibili all’inibizione delle chinasi c-Jun N-terminale (JNK): negli esperimenti in-vitro ha alleviato il riassorbumento osseo indotto dal titanio e la relativa risposta antinfiammatoria, oltre a spostare la polarizzazione dei macrofagi dal fenotipo M1 a M2 ed incrementare la differenziazione osteoblastica delle cellule pre-osteoblastiche MC3T3-E1 [53].
In un altra ricerca ha soppresso la formazione degli osteoclasti e promosso l’angiogenesi indotta dal fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF-BB) secreto dai proteoclasti potenziando l’osteogenesi nei ratti [54].

L’armalina ha soppresso la funzione immunitaria in maniera dose dipendente senza alterare la funzione macrofagica alle alte concentrazioni (10-100 µmol/l) [55].

EPATOPROTETTIVO
L’armina ha soppresso l’espressione del collagene di tipo α1 (COL1A1) nelle cellule epatiche stellate attraverso l’inibizione delle chinasi DYRKs, potrebbe avere potenziali applicazioni nel trattamento della fibrosi epatica [56].

ANTIVIRALE
L’armina ha inibito Herpes simplex di tipo 2 [57] ed Enterovirus 71 [58] attraverso la sottoregolazione della trasmissione NF-κB. In altre ricerche ha bloccato la replicazione virale Cytomegalovirus, Herpes simplex di tipo 1 e 3 agendo sulle chinasi DYRK [59].

ANTIBATTERICO
L’armina si è dimostrato attiva contro Proteus vulgaris, Bacillus subtilis e Candida albicans con valori MIC rispettivamente di 0.833, 0.750 e 0.500 mg/mL [60].
L’armalina ha inibito la crescita delle culture di Staphylococcus aureus ed mostrato buone sinergia con la clorexidina gluconato (CHG), noto disinfettante [61].

ANTIMICOTICO
L’armina ha manifestato un’azione antifungina sinerciga contro la Candida albicans resistente ai farmaci in combinazione con gli azoli [62].
L’armalina è un inibitore competivo delle lipasi della Candida rugosa [63].

ANTIPARASSITARIO
L’armina ha manifestato effetti antiparassitari contro Toxoplasma gondii [64], Trichomonas gallinae [65] e Plasmodium falciparum [66]; inoltre ha indotto l’autofagia delle cellule di Spodoptera frugiperda modulando la trasmissione PI3K/Akt/mTOR [67].
L’armalina ha ridotto la sviluppo delle larve di Spodoptera exigua [68] e Tribolium castaneum [69]; nei confronti della sfinge dell’euforbia (Hyles euphorbiae) è risultata più potente l’armina [70].
Il THH è risultato efficace nel trattamento dell’infezione da nematodi intestinali misti delle capre [71].

TOSSICITA’
Non ci sono studi tossicologici su questa specie ma, dato l’analogo fitocomplesso ed utilizzo, si suppone abbia lo stesso profilo di sicurezza del più noto Banisteropsis caapi.
Una ricerca del 93′ ha suggerito che l’armalina fosse neurotossica, ma si trattava di un iniezione singola da 40mg/kg nei ratti (circa 3g di armalina pura negli umani) o 4 dosi da 25mg/kg assunte nell’arco di tre giorni [72].
Dosaggi ben lontani da quelli impiegati a scopo enteogenico, senza considerare la presenza degli altri elementi farmacologici e le diverse modalità di somministrazione (oralmente ha una bassa biodisponibilità).

Il principale composto attivo della liana di ayahuasca rossa è l’armina che è risultata circa l’80% dell’estratto A/B analizzato su DMT nexus, oltre a una piccola percentuale di THH similmente a molti campioni di caapi. L’assenza dell’armalina potrebbe essere un caso in analogia con l’altra specie in cui alle volte è presente sebbene in percentuali più basse rispetto all’armina (fino al 17% degli alcaloidi totali), anche perchè è noto che a determinate condizioni la seconda venga convertita nella prima. Non ci sono altre analisi effettuate su questa specie.

La bollitura prolungata dell’ayahuasca sembra ridurre armina ed armalina in tetraidroarmina (THH), il doppio legame C=C viene convertito in H=H [73]; forse è anche per questo che viene bollita così a lungo nella preparazione tradizionale.

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